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Hackitalia – il resoconto della fase finale

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Hackitalia
Di Andrea Pradelli.

Di fronte a una delle campagne elettorali più mediocri di sempre, chi non ha mai avuto il desiderio di sentire finalmente proposte realistiche e innovative? Noi di Tra I Leoni ne abbiamo avuto l’opportunità partecipando a Hackitalia, un hackathon organizzato dal think-tank Tortuga in collaborazione con Il Sole 24 ore, sponsorizzato da Algebris, Centro Luigi Einaudi, Samsung e Think Young. Si è trattato, quindi, di una competizione in cui otto gruppi di studenti e professionisti under-30 sono stati chiamati a risolvere policy-case specifici su quattro macrotematiche: immigrazione, formazione, cambiamento tecnologico e finanza pubblica. Dopo una prima fase svoltasi nella sede del Sole 24 Ore tra il 22 e il 23 febbraio, in cui i gruppi hanno elaborato le loro soluzioni assistiti da mentor esperti (tra gli altri Tito Boeri, Carlo Cottarelli, Filippo Taddei e Carlo Stagnaro), nel pomeriggio di venerdì 23 febbraio i quattro team più meritevoli hanno presentato le loro proposte alla Samsung Smart Arena di Porta Nuova. I vincitori sono stati scelti dai tre giudici Carlo Altomonte, docente Bocconi, Stefano Sacchi, presidente dell’INAPP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) e Marco Leonardi, consigliere economico di Palazzo Chigi.

Vi presentiamo ora le proposte giunte alla fase finale.

GRUPPO IMMIGRAZIONE
(Jacopo Ballabio, Davide Bordoli, Elisabetta Campagna, Enrico Cavallotti, Federica De Blasio, Pietro Franchi)

Nulla è stato più centrale in questa campagna elettorale dell’immigrazione: la richiesta del policy case riguardava l’integrazione dei cosiddetti “migranti economici”. Questa categoria è facilmente soggetta al fenomeno della segregazione residenziale, poiché spesso gli unici alloggi a loro accessibili sono le case popolari, normalmente insufficienti e situate in periferia: la ghettizzazione è la naturale conseguenza. La soluzione proposta è incentivare l’offerta di alloggi privati a canone di affitto agevolato, non solo rivolta ai migranti ma anche agli italiani che si trovano sotto una determinata soglia di ricchezza: questi ultimi, infatti, spesso si sentono svantaggiati rispetto agli stranieri, alimentando forme di razzismo. Tramite fondi stanziati a livello nazionale, il locatore in possesso di immobili sfitti o alloggi normalmente già affittati potrà beneficiare di ingenti incentivi fiscali oltre a garanzie sulla durata minima del contratto e un’assicurazione per danni e insolvenza del locatario. Quest’ultimo, invece, potrebbe beneficiare di un canone d’affitto estremamente agevolato e della possibilità di abitare in zone meno disagiate della città, con il requisito di partecipare ad attività di pubblica utilità (dall’assistenza agli anziani alle attività di pulizia ambientale, passando per l’organizzazione di eventi pubblici), spesso non garantite dalle amministrazioni comunali per mancanza di fondi. Le ore di lavoro saranno modulate in base allo stato sociale e lavorativo del locatario: per chi ha un impiego regolare, ad esempio, gli orari saranno ridotti e concentrati nelle ore non lavorative. La proposta sembra essere win-win: immigrati e persone disagiate non saranno più ghettizzati in alcune zone delle città, ma saranno distribuiti su tutto il perimetro cittadino e incentivati ad avere un ruolo attivo nella comunità, inoltre si potrà porre un freno ai conflitti tra stranieri e italiani nelle periferie, che offrono spunti a campagne politiche che spesso scadono nel razzismo.

GRUPPO FORMAZIONE
(Federico Maria Ferrara, Edoardo Bella, Jacopo Gronchi, Benedetta Scotti, Chiara Allegri, Dylan Tartarini)

Riguardo al grande tema della formazione, il focus è sull’analisi della Legge 107/2015 (chiamata Buona Scuola): il team chiamato a presentare sceglie di affrontare gli aspetti trascurati dalla riforma, concentrandosi sul rapporto tra Scuola Secondaria e Istruzione Terziaria (Università e Istituti Tecnici Superiori). Il nodo principale è l’orientamento universitario: si fa notare che il nostro Paese, oltre ad avere un numero di laureati molto basso rispetto a quasi tutte le economie avanzate, presenta spaventosi tassi di abbandono universitario, che raggiungono il 45% a livello di Laurea Triennale (dati 2011-12), e solo il 30% degli studenti si laurea in corso. Perché tutto ciò? Secondo i ragazzi del team formazione questo è spesso dovuto alle scelte sbagliate dei ragazzi dopo la maturità, causate soprattutto dalla grande asimmetria informativa che esiste tra studenti liceali e Università. Manca infatti un coordinamento centralizzato della gestione del passaggio tra scuola secondaria e istruzione terziaria, perciò atenei, famiglie e scuole sono incentivati a trascurare l’orientamento universitario e i neodiplomati finiscono per prendere decisioni inappropriate. La proposta per risolvere questo stallo si basa su tre pilastri.

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Prima di tutto un Portale di Accesso Centralizzato (PAU), realizzato sul modello dell’UCAS(Universities and Colleges Admission Center) presente nel Regno Unito. Si tratterebbe quindi di una piattaforma centralizzata che garantisca da una parte la gestione integrata di tutte le domande di immatricolazione, dall’altra la possibilità di reperire informazioni su tutti gli atenei nazionali, dai programmi di studi al salario medio dopo la laurea. Il portale dovrebbe essere assegnato a un ente terzo a scopo non lucrativo, con gara d’appalto pubblico; il costo sarebbe di circa 10 milioni, parzialmente coperti da una commissione di 10 € per gli utenti. In secondo luogo troviamo l’anticipo di un anno dell’invio delle domande di immatricolazione:la finalità è incentivare le famiglie a iniziare a raccogliere informazioni sulla scelta universitaria già al quarto anno delle superiori (e non solo dopo la maturità) e allo stesso tempo coinvolgere maggiormente le scuole secondarie nel guidare la scelta. Qui s’inserisce il terzo pilastro, i consiglieri dell’orientamento universitario. Queste figure dovranno essere presenti in ogni istituto superiore, essere formati all’orientamento da istituzioni universitarie e fornire assistenza obbligatoria a ragazzi e famiglie nelle loro scelte post-diploma. Queste figure sono già state in parte introdotte con la Buona Scuola, ma ancora non è loro consentito parlare direttamente con gli studenti e i genitori. Si tratta di docenti che fanno già parte dell’organico dell’autonomia di ogni scuola, che possono essere formati utilizzando i fondi previsti dalla Legge 107/2015 per la formazione dei docenti. Nel complesso, la proposta ha il vantaggio di essere bipartisan e a costi piuttosto bassi (solo 8 milioni di fondi aggiuntivi rispetto alla Buona Scuola, lo 0,27% degli stanziamenti totali per quest’ultima riforma).

GRUPPO FINANZA PUBBLICA
(Ilaria Ercole, Sofia Gori, Benedetta Mina, Lorenzo Navarini, Emma Paladino, Salvatore Salzano, Saverio Spinella)

Come semplificare il sistema contributivo italiano e in particolare l’IRPEF? Anche questo tema è stato centrale nella campagna elettorale, con la coalizione di centro-destra che ha fatto della flat tax il proprio cavallo di battaglia. La risposta del team finanza pubblica invece è diversa, pur partendo dalla stessa questione. Le esigenze sono tre: razionalizzare il sistema fiscale, proteggere le fasce più deboli, combattere l’evasione.
La grande novità di questo approccio è l’introduzione di un secondo criterio per rimodulare le aliquote: l’età. I pensionati e soprattutto i giovani sono infatti le categorie più svantaggiate nella distribuzione del reddito lordo da lavoro. La proposta è di intervenire a vantaggio degli under-35 e degli over-65. Mantenendo la no-tax area attualmente presente, per i primi la fascia più bassa sarebbe portata da 15 000 a 10 000 €, per i secondi invece sarebbe aumentata a 18 000 €. A ciò seguirebbero per i giovani aliquote nettamente più basse per tutti gli scaglioni, con la fascia più alta tassata al 37% contro il 43% attuale,e uno scaglione in meno, mentre gli anziani avrebbero risparmi sostanziosi sugli scaglioni più bassi, da 0 a 55 000 €: in fondo al paragrafo si può trovare la tabella completa. Si avrebbero così tre sistemi di IRPEF paralleli: questa soluzione, apparentemente più complessa, permetterebbe invece di sfoltire la giungla delle deduzioni e delle detrazioni, spesso concentrate proprio sulle categorie prima determinate (ad esempio, ci sono agevolazioni per il mutuo per la prima casa per i giovani).
Altra categoria importante è quella dei lavoratori autonomi, soggetta sia a una forte incertezza dei guadagni sia a un’alta evasione: secondo uno studio di Carlo Cottarelli, circa il 60% dei lavoratori autonomi dichiara redditi inferiori a 15 000 €. Una percentuale impressionante, che impone riflessioni. La soluzione non è tassare maggiormente chi dichiara di più, ma introdurre un credito d’imposta per questa categoria di lavoratori autonomi, dell’ammontare di 1000 € annuali. Per riceverlo, però, sarà necessario presentare tutti i documenti legati all’attività economica e i bilanci. Il vantaggio è duplice, infatti da una parte gli autonomi in difficoltà potranno ricevere un aiuto concreto, essendo incentivati a presentare la propria posizione, dall’altra chi rifiuta di fornire la documentazione sarà più facilmente individuato e punito se evasore. In questo modo si prevede di far “emergere” circa 2 miliardi di gettito, che coprono perfettamente il costo del credito d’imposta. Infine per combattere l’evasione il gruppo propone un piano di controlli preventivi a livello centrale, ma effettuati in sinergia con le amministrazioni locali, una maggiore tracciabilità tramite dichiarazioni precompilate e infine l’ampliamento degli obblighi di fatturazione elettronica dal pubblico al privato, per favorire la digitalizzazione del sistema. La proposta supera anche i possibili problemi di costituzionalità. Infatti l’articolo 3 della Costituzione, che prevede il diritto di eguaglianza, non è minato: l’uguaglianza deve essere trattata come sostanziale, per cui situazioni uguali devono essere trattate ugualmente, ma a situazioni diverse (come quelle dei giovani e dei pensionati) possono corrispondere trattamenti diversi, come del resto già avviene con deduzioni e detrazioni.  Non ci sono problemi neanche con l’articolo 53, che richiama il principio di progressività del sistema tributario: questo infatti non sarebbe violato, ma si andrebbe semplicemente a introdurre un elemento che renderebbe l’IRPEF più equa.

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Riportiamo la tabella con le aliquote:

GIOVANI 18-34

35-64 (E SISTEMA VIGENTE)

PENSIONATI >64

SCAGLIONE ALIQUOTA SCAGLIONE ALIQUOTA SCAGLIONE ALIQUOTA
0-10.000 21% 0-15.000 23% 0-18.000 22%
10.000-25.000 25% 15.000-28.000 27% 18.000-30.000 26%
25.000-40.000 33% 28.000-55.000 38% 30.000-55.000 37%
>40.000 37% 55.000-75.000 41% 55.000-75.000 41%
  >75.000 43% >75.000 43%

 

LA PROPOSTA VINCITRICE: GRUPPO CAMBIAMENTO TECONOLGICO
(Ivan Lagrosa, Guido Bongioanni, Francesco Beraldi, Cedomir Malgieri, Luca Zerba Pagella, Damiano Campini, Matteo Godio)

Si aggiudica la prima edizione di Hackitalia il gruppo del cambiamento tecnologico. Il tema del policy case è la crisi della produttività italiana. Il Piano Industria 4.0 del ministro Calenda ha tentato di porvi rimedio, con ammortamenti per investimenti tecnologici, agevolazioni nell’accesso al credito, crediti d’imposta e centri di competenza. La grande pecca, però, è stata che il piano non ha raggiunto gran parte delle piccole e medie imprese, in un Paese in cui il 90% delle aziende hanno meno di 10 dipendenti: da qui parte la proposta del gruppo vincente. È ormai noto a tutti che l’unica via per essere competitivi è investire in ICT e avere un management di qualità, ma spesso nelle piccole imprese ciò non avviene.                                      L’idea è incentivare le aggregazioni aziendali, permettendo alle imprese più forti e produttive di acquistare aziende ad alto potenziale ma in difficoltà finanziaria o mal amministrate. Ovviamente ci sono criteri di ammissione. Le imprese acquirenti devono aver beneficiato del piano Calenda o aver portato avanti indipendentemente investimenti afferenti a Industria 4.0, mente le acquisite dovranno avere meno di 50 dipendenti, un debt coverage ratio basso,essere sul mercato da almeno 10 anni e ovviamente essere rimaste fuori dal piano Calenda. Per implementare la policy sono introdotti alcuni incentivi. In primis ci sarà una procedura semplificata di acquisizione, e le parti saranno supportate da una campagna di comunicazione e un “voucher manageriale” per assumere le figure necessarie per gestire le operazioni. L’impresa acquirente potrà poi usufruire di detrazioni sui fondi messi a disposizione per gestire gli esuberi dell’impresa acquisita, mentre il Piano Calenda sarà esteso per due anni per l’impresa acquisita, con una maggiorazione del 50% degli incentivi, forniti con credito d’imposta: questo affinché anche imprese molto indebitate ma con un buon potenziale possano diventare attrattive. Altro tema fondamentale è la riqualificazione della forza lavoro, e con questa proposta ci sarebbe un credito d’imposta dell’80% per la formazione dei dipendenti dell’impresa acquisita, per due anni. Inoltre durante le delicate fasi di ricambio generazionale, molto propizie per la vendita dell’impresa, ci saranno ulteriori agevolazioni fiscali. Infine gli incentivi descritti valgono anche per la partecipazione a fondi di Private Equity.                                                     I costi di questa policy ammontano a circa un miliardo, e i vantaggi sono evidenti: le piccole e medie imprese possono accedere ai benefici del piano Calenda, avere un management di qualità e più fondi per effettuare gli investimenti, per non perdere per strada importanti potenzialità che se sfruttate potrebbero portare un grandissimo valore al Paese. Di fronte a una retorica politica che fa del “piccolo è bello” il suo baluardo, sarà necessaria però un’efficiente campagna d’informazione per far accettare questa proposta. Vederla affondare sotto gli strali dell’opinione pubblica sarebbe davvero un peccato.

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